(Luca 9,57-62) Lattanzio - Aceb_PugliaBasilicata

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2006-2024  ANNO XVIII                20 Marzo 2024
"Portate i pesi gli uni degli altri e adempirete così la legge di Cristo" (Galati 6:2)
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SERMONI
IL PREZZO DEL DISCEPOLATO (Luca 9,57-62)
 
 
"Mentre camminavano per la via, qualcuno gli disse: «Io ti seguirò dovunque andrai». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno delle tane e gli uccelli del cielo dei nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo». A un altro disse: «Seguimi». Ed egli rispose: «Permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Ma Gesù gli disse: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; ma tu va' ad annunciare il regno di Dio». Un altro ancora gli disse: «Ti seguirò, Signore, ma lasciami prima salutare quelli di casa mia». Ma Gesù gli disse: «Nessuno che abbia messo la mano all'aratro e poi volga lo sguardo indietro, è adatto per il regno di Dio»" (Luca 9,57-62).

 
«Questo racconto c'invita a riflettere sul prezzo del discepolato, ricordandoci che seguire Gesù comporta un impegno che coinvolge l'intera nostra esistenza. L'evangelista Luca presenta tre diversi casi di tre potenziali discepoli che Gesù mette in guardia, spiegando loro che il discepolato non è affatto una passeggiata, ma richiede delle rinunce alle proprie sicurezze mondane per dare la priorità alla proclamazione del vangelo.
L'evangelista scrive che i tre incontri con i tre potenziali discepoli avvennero "mentre camminavano per la via" (Lc 9,57a). Per comprendere il motivo per cui Gesù è così radicale verso quei tre, è importante capire per quale via Gesù si era incamminato con i suoi discepoli.
Qui ci troviamo in un momento cruciale del vangelo perché Gesù, subito dopo aver preannunciato ai suoi discepoli la sua morte di croce, s'incammina con loro verso Gerusalemme. Il cammino che Gesù intraprende corrisponde, dunque, al suo ultimo viaggio, che lo porterà sul Golgota per essere crocifisso.
Seguire Gesù lungo il suo stesso cammino significa dunque intraprendere con lui la via della croce che per ogni discepolo consiste nell'assumersi la responsabilità di affrontare rischi e pericoli per la testimonianza del vangelo, rimanendo fedeli al Signore.
Entriamo ora nel merito dei tre casi in questione, esaminandoli uno per uno.

1) Il primo aspirante discepolo si rivolge a Gesù, dicendogli: «Io ti seguirò dovunque andrai» (Lc 9,57b). Quest'uomo si offre al servizio di Gesù di sua spontanea iniziativa, senza che Gesù lo abbia chiamato a seguirlo.
Questo spirito d’iniziativa è, però, sintomo di spavalderia. Quest'uomo faceva, infatti, troppo affidamento sulle proprie capacità umane. Egli aveva una personalità incentrata su se stesso e sulla propria autostima personale. Inoltre, alla sua spavalderia si aggiungeva anche una certa incoscienza perché, nel dire a Gesù “ti seguirò dovunque”, non si rendeva conto di quello che si stava proponendo, giacché non sapeva che Gesù era diretto a Gerusalemme dove lo aspettavano la sofferenza e la morte di croce.
Nessuno ha in sé le forze per intraprendere di sua propria iniziativa il cammino verso la croce. La via della croce è la via della totale ubbidienza a Dio e del servizio incondizionato verso il prossimo fino al dono totale della propria vita e noi non siamo in grado di seguire questa via con le nostre sole buone intenzioni perché, finché ci affidiamo a noi stessi, il nostro iniziale slancio entusiastico potrebbe venire meno di fronte ai primi ostacoli da affrontare.
Soltanto la chiamata del Signore può abilitarci a percorrere con Lui un cammino del genere e soltanto Lui può donarci le forze di cui abbiamo bisogno per seguirlo come suoi discepoli. Gesù comprende che quell’uomo, nel suo auto-proporsi, non è ancora consapevole di quello a cui andrebbe incontro se lo seguisse. Così, lo mette subito in guardia, dicendogli: «Le volpi hanno delle tane e gli uccelli del cielo dei nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo» (Lc 9,58). Gesù avvisa l’uomo che “seguirlo ovunque” implica la perdita di ogni sicurezza. Ma chi è troppo sicuro di se stesso non è in grado di rinunciare a ogni altra sicurezza per Cristo, perché la prima sicurezza alla quale bisognerebbe rinunciare per seguire Gesù è la sicurezza in se stessi.
Chi è troppo sicuro di se stesso non sarà mai abbastanza umile da rinunciare ai propri interessi per seguire Gesù, ma rischierà sempre di confondere i propri interessi personali con gli interessi di Cristo. Infatti, chi è troppo sicuro di sé si affida a se stesso, anziché al Signore.
Quando anche noi cominciamo a essere troppo sicuri della nostra capacità di portare a termine i progetti che facciamo per il Signore, c’è sempre il rischio che stiamo ricominciando ad affidarci a noi stessi, anziché a Cristo. E, anche se apparentemente stiamo seguendo il Signore, in realtà seguiamo noi stessi e i nostri propositi..!
Pertanto, il Signore non gradisce chi dice: «Io ti seguirò dovunque andrai», perché una simile auto-proposta è ancora incentrata sul proprio io e non sul Signore: dietro alla propria intenzione di seguire il Signore, si nasconde in realtà il desiderio di mostrare a se stesso che cosa è capace di fare. Il Signore, invece, gradirebbe chi eventualmente si rivolgerebbe a lui, dicendogli: «Signore, se tu vorrai chiamarmi a te, m'impegnerò a seguirti dovunque tu vorrai». In questo caso, infatti, il soggetto dell’azione non è più il mio io, ma è appunto il Signore. 
Non sono più io che prendo l’iniziativa di seguirlo, ma è Lui che prende l’iniziativa di chiamarmi.

2) Nel secondo caso è Gesù stesso a prendere l'iniziativa, dicendo a un’altra persona: «Seguimi» (Lc 9,59a). Questo secondo uomo, però, risponde: «Permettimi di andare prima a seppellire mio padre» (Lc 9,59b). L’uomo vuole sì rispondere alla chiamata che Gesù gli rivolge, ma a condizione di andare prima a seppellire suo padre, come d'altronde la legge ebraica prescriveva in ottemperanza al quinto comandamento. Un comandamento della legge si frappone, così, tra Gesù è la persona chiamata, impedendogli di seguirlo immediatamente. Gesù, però, dice: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; ma tu va' ad annunziare il regno di Dio» (Lc 9,60). Quando il Signore ci chiama a seguirlo, non c’è nulla di più importante in quel momento che rispondere alla sua chiamata perché soltanto in questo modo prendiamo sul serio l’appello che Lui ci rivolge.
Quante volte anche noi mettiamo davanti alla chiamata del Signore tante altre nostre esigenze o faccende che vorremmo sbrigare prima di rispondere al suo appello..!?
Prima pensiamo a noi stessi, alle nostre famiglie, ai nostri interessi privati e poi, se avanza tempo, possiamo anche seguire il Signore, dedicandogli i ritagli del nostro tempo e i rimasugli delle nostre energie. Ma non è certamente così che il Signore ci chiede di seguirlo...
Spesso poi invertiamo anche i ruoli e ci comportiamo come se non dovessimo essere noi a seguire il Signore, ma dovesse essere Lui a seguire noi e a sottostare ai nostri ritmi di vita e alle cose che abbiamo da fare. E così a parole Cristo rimane il nostro Signore, ma nei fatti rimaniamo noi stessi i signori delle nostre vite. Finché non daremo al Signore la priorità che si merita, ma continueremo a mettere tutti i nostri impegni davanti al “seguimi” che Lui ci rivolge, non arriveremo mai a prendere sul serio la sua chiamata.

3) Infine, un altro ancora disse a Gesù: «Ti seguirò, Signore, ma lasciami prima salutare quelli di casa mia» (Lc 9,61). Quest’ultimo caso mette insieme il peggio dei due precedenti: si tratta di una persona che si auto-propone, come la prima, e che pone a Gesù delle condizioni, come la seconda. Quest’uomo, dunque, da una parte vuole seguire il Signore, ma dall’altra gli pesa troppo il dover lasciare i suoi affetti.
È un uomo che si contraddice, perché sta vivendo una vera e propria lotta interiore. In quest’uomo ci sono due volontà: una è quella che vorrebbe seguire il Signore, l’altra è quella che vorrebbe ritornare dai suoi cari. Egli, così, in un primo momento si autopropone a Gesù, dicendogli: «Ti seguirò, Signore», ma un momento dopo si volta indietro e dice: «ma lasciami prima salutare quelli di casa mia». Gesù allora gli risponde: «Nessuno che abbia messo la mano all'aratro e poi volga lo sguardo indietro, è adatto per il regno di Dio» (Lc 9,62). Seguire il Signore significa avere lo sguardo orientato su di Lui, che cammina davanti a noi, senza voltarci indietro a vedere quello che abbiamo dovuto lasciare per seguirlo. Chi si guarda indietro rischia, infatti, di rimanere intrappolato nel proprio passato e di non essere poi in grado di andare avanti. Questo è quanto accadde, per esempio, alla moglie di Lot. Mentre essi fuggivano da Sodoma e Gomorra, sulle quali stava cadendo la distruzione, la moglie di Lot, anziché guardare avanti, si voltò indietro e divenne una statua di sale.
Chi si guarda indietro rischia di rimanere paralizzato nel proprio passato senza più riuscire a superarlo.
Il Signore, invece, ci chiama a guardare avanti perché Lui è sempre davanti a noi per indicarci la strada da percorrere e per liberarci dai vincoli che c'incatenano al nostro passato, impedendoci di vivere una vita nuova nel suo nome.

Fratelli e sorelle, il Signore oggi ci ha fatto riascoltare il suo appello a seguirlo e, mediante la parola del Vangelo, Egli continua a dire anche a ciascuno e a ciascuna di noi: «Seguimi». È vero, io non sono in grado di seguire il Signore di mia iniziativa. Ma, se la sua Parola mi dice: «Seguimi», allora in questa sua Parola vivente ed efficace troverò anche le forze per rispondere alla chiamata che Lui mi rinnova.
Vogliamo dunque affidarci alla Parola del nostro Signore e, soprattutto, vogliamo impegnarci a seguirlo senza voltarci indietro e, soprattutto, senza porre noi le condizioni del discepolato. Infatti, ogniqualvolta pretendiamo di seguire il Signore alle nostre condizioni, finiamo col sostituirci al nostro Maestro, il quale è l'unico che può porre condizioni ai suoi discepoli.
In tutte le scuole di pensiero i discepoli sono apprendisti chiamati a seguire l'insegnamento del loro maestro, finché, una volta formati, si rendono autonomi e possono diventare a loro volta maestri. Noi cristiani, invece, siamo e rimaniamo sempre discepoli e discepole del nostro Signore Gesù Cristo, il quale rimane per tutta la nostra vita l'unico grande Maestro da seguire, dal quale non finiremo mai d'imparare l'arte di vivere e di amare.
Vogliamo allora seguire il nostro Maestro e Signore, il quale ha promesso a tutti coloro che rispondono alla sua chiamata il sostegno che discende dallo Spirito suo Santo. E, con l'aiuto del suo Spirito, che soffia potente su di noi per mobilitarci al suo servizio, noi potremo perseverare nel nostro cammino di fede e di testimonianza, seguendo Gesù giorno per giorno, passo dopo passo.
Affidandoci a Lui anziché a noi stessi, riusciremo così a vincere l'inerzia, l'indecisione o la paura di andare avanti e, con Lui al nostro fianco, potremo farci a nostra volta carico della croce del discepolato fino al traguardo della nostra esistenza terrena.
Mentre i Maestri di questo mondo cercano audience, cercando di fare il maggior numero di aderenti, il Signore Gesù è un Maestro per il quale non conta il numero delle persone, ma il loro cuore.
Egli, infatti, ricerca discepoli e discepole disponibili a seguirlo seriamente e a dedicare a lui l'intera loro vita come risposta di ringraziamento alla vita che lui per primo ci ha donato fino alla morte di croce per riscattarci da ogni male e riconciliarci con Dio.
Vogliamo allora aprire i nostri cuori di fronte alla chiamata che il Signore oggi ci rinnova e vivremo con Lui una vita piena nella sua grazia e nel suo amore.

Ruggiero Lattanzio 
(16 aprile 2023)
 
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