Fammi vedere la tua gloria!
"Mosè
disse: «Ti prego, fammi vedere la tua gloria!» Il Signore gli rispose:
«Io farò passare davanti a te tutta la mia bontà, proclamerò il nome del
Signore davanti a te; farò grazia a chi vorrò fare grazia e avrò pietà
di chi vorrò avere pietà». Disse ancora: «Tu non puoi vedere il mio
volto, perché l'uomo non può vedermi e vivere». E il Signore disse:
«Ecco qui un luogo vicino a me; tu starai su quel masso; mentre passerà
la mia gloria, io ti metterò in una buca del masso, e ti coprirò con la
mia mano finché io sia passato; poi ritirerò la mano e mi vedrai da
dietro; ma il mio volto non si può vedere»" (Esodo 33,18-23).
«Ti prego, fammi vedere la tua gloria!».
Che senso ha questa richiesta particolare che Mosè rivolse al
Signore..? Mosè in realtà aveva già visto il Signore all'opera
attraverso grandi prodigi. Dio, infatti, era inter-venuto con potenza
per liberare il suo popolo dalla schiavitù d'Egitto, mandando le dieci
piaghe contro gli egiziani e aprendo le acque del mar Rosso. Egli era
intervenuto nel deserto a favore del suo popolo assetato e affamato,
facendo scaturire l'acqua dalla roccia e mandando le quaglie e la manna
dal cielo. Inoltre, il Signore si era già manifestato a Mosè sul Sinai,
scrivendo le tavole della legge con il suo dito... Eppure, Mosè non si
accontenta di vedere miracoli, ma vuole vedere la gloria di Dio.
Egli desidera conoscere Dio nella sua più intima essenza. È questo il senso della preghiera che rivolge al Signore: «Ti prego, fammi vedere la tua gloria!» (v. 18).
Non
c'è richiesta più sublime che un credente possa rivolgere al Signore:
vedere la sua gloria; sperimentare la sua maestosa presenza; conoscere
tutta la sua magnificenza. Questo era anche il desiderio di Giobbe, il
quale, mentre era oppresso da tante disgrazie, si affidava al Signore
dicendo: «Ma io so che il mio
Redentore vive e che alla fine si alzerà sulla polvere. E quando, dopo
la mia pelle, sarà distrutto questo corpo, senza la mia carne, vedrò
Dio. Io lo vedrò a me favorevole; lo contempleranno i miei occhi, non
quelli di un altro; il cuore, dal desiderio, mi si consuma!» (Gb 19,26-27).
Ora,
se anche noi siamo consu-mati dalla fame di conoscere intimamente il
Signore, come lo erano Mosè e Giobbe, possiamo fare nostra la preghiera
che Mosè rivolse al Signore: «Ti prego, fammi vedere la tua gloria!».
In un primo momento il Signore rispose a Mosè: «Tu non puoi vedere il mio volto, perché l'uomo non può vedermi e vivere» (v. 20).
Nessuno può vedere il Signore faccia a faccia e sopravvivere alla sua
maestosa presenza. La gloria del Signore è come lo splendore del sole:
noi possiamo beneficiare dei raggi solari che c'illuminano e ci
riscaldano, ma non possiamo avvicinarci troppo al sole senza essere
bruciati. Allo stesso modo, nessuno può vedere direttamente la gloria di Dio e rimanere in vita.
Il
racconto della caduta di Adamo ed Eva spiega in forma narrativa questa
impossibilità umana di vedere Dio faccia a faccia. Infatti, in seguito
alla loro disubbidienza, Adamo ed Eva si nascosero dalla presenza del
Signore e furono poi messi fuori dal giardino di Eden, nel quale essi
avevano vissuto in compagnia di Dio. L'essere umano, peccatore, non può
più sopravvivere alla diretta presenza della santità di Dio. Pertanto, a
causa del suo peccato, l'umanità non è più degna di vedere la gloria di
Dio.
C'è anche un altro motivo per cui il Signore risponde a Mosè: «il mio volto non si può vedere» (v.23b).
Questo divieto segue il racconto della costruzione del vitello d'oro
che incontriamo nel capitolo precedente. Mentre Mosè era sul Sinai per
ricevere dal Signore le Tavole della legge, il popolo, vedendo che
tardava a scendere, cominciò a preoccuparsi che Mosè fosse morto. Così,
decise di costruirsi come guida un idolo di metallo fuso. E tutti lo
adorarono come un dio e gli offrirono sacrifici di ringraziamento,
disubbidendo ai primi comandamenti che il Signore aveva inciso sulle
Tavole di pietra. Il Signore vieta al suo popolo di farsi sculture o
immagini da adorare perché Dio non può essere ridotto a delle
rappresentazioni che lo delimitano in contorni ben precisi.
Il Signore sfugge a ogni tentativo umano di rappresentazione perché non vuole essere posseduto come un oggetto.
Il
Signore dice dunque a Mosè che nessuno può vedere il suo volto perché
nessuno può pretendere di afferrare appieno il volto di Dio fino a
possederlo.
L'umanità
ha sempre provato ad afferrare il volto di Dio, riducendolo entro i
propri schemi e costruendosi, così, un dio su misura per il proprio uso e
consumo: un dio bonario per chi vuole giustificare le sue nefandezze;
un dio giustiziere per chi è assetato di vendetta; un dio razionale per i
più intellettuali; un dio con la bacchetta magica per chi cerca
miracoli... Ma il Signore non si lascia catturare da nessuno di questi
schemi e, proprio per questo, rifiuta di essere raffigurato, dicendo a
Mosè che nessuno può vedere il suo volto.
Allo stesso tempo, il Signore non lascia la preghiera di Mosè inesaudita, ma risponde al suo servo, dicendogli: «Ecco
qui un luogo vici-no a me; tu starai su quel masso; mentre passerà la
mia gloria, io ti metterò in una buca del masso, e ti coprirò con la mia
mano finché io sia passato; poi ritirerò la mano e mi vedrai da dietro» (v. 21-23a).
Dio
fa passare la sua gloria davanti a Mosè, il quale potrà guardarla
soltanto da dietro, quando essa è già passata. Chiediamoci, allora, che
cosa può significare vedere la gloria di Dio "da dietro".
In
primo luogo la gloria di Dio ci precede sempre e noi possiamo vederla
quando essa è già passata perché possiamo sperimentare sol-tanto gli
effetti che il suo passaggio produce nella storia del suo popolo e nelle
nostre storie personali.
Il Signore, infatti, descrisse a Mosè gli effetti del suo passaggio in questo modo: «Io
farò passare davanti a te tutta la mia bontà, proclamerò il nome del
Signore davanti a te; farò grazia a chi vorrò fare grazia e avrò pietà
di chi vorrò avere pietà» (v. 19).
Anche
noi, per quanto non ci sia dato di vedere il Signore faccia a faccia,
possiamo sperimentare gli effetti del suo passaggio nelle no-stre vite
quando, riflettendo sulle nostre vicende umane, ci rendiamo conto che la
mano del Signore è rimasta su di noi per sostenerci: se siamo ancora
qui, oggi, è proprio perché Lui ci ha fatto grazia e ha avuto pietà di
noi. La gloria del Signore si è dunque manifestata nelle nostre vite, ma
noi l'abbiamo vista soltanto di spalle, perché ci siamo resi conto del
segno che ha lasciato su di noi quando ci è già passata davanti.
In
secondo luogo noi possiamo vedere la gloria di Dio soltanto "da dietro"
perché Essa è sempre da-vanti a noi per guidarci proprio co-me guidò
l'antico popolo eletto. Noi rimaniamo dietro il nostro Signore per
essere da Lui condotti e siamo chiamati a guardare avanti verso Colui
che illumina il nostro cammino con la luce della sua gloria.
Mentre
percorriamo i nostri de-serti esistenziali, come l'antico Israele
percorreva il suo, il Signore rimane davanti a noi per dirigere i nostri
passi. E anche se a volte non riusciamo a percepire la Sua pre-senza,
noi riconosciamo per fede che Lui continua a guidarci con tutta la sua
bontà e possiamo esprimere la stessa fiducia del salmista, che canta: «Quand'anche cammi-nassi nella valle dell'ombra della morte, io non temerei alcun male, perché tu sei con me»
(Sl 23,4). Questa è l'intima fiducia che ci anima nel periodo incerto
che stiamo attraversando. E con questa fiducia nei nostri cuori possiamo
affrontare il nuovo anno che è davanti a noi.
Per
concludere, per noi cristiani il Signore ha risposto alla preghiera di
Mosè per mezzo del suo Figlio Gesù Cristo. Mosè disse al Signore: «Ti prego, fammi vedere la tua gloria!». E Dio ci ha manifestato la sua gloria, incarnandola in Cristo.
Come è scritto nella Lettera agli Ebrei, il Figlio di Dio è «splendore della sua gloria e impronta della sua essenza» (Eb 1,3). E come è scritto nel Prologo del Vangelo di Giovanni, «la
Parola è diventata carne e ha abitato per un tempo fra di noi, piena di
grazia e di verità; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria
come di unigenito dal Padre» (Gv 1,14).
Un giorno l'apostolo Filippo rivolse a Gesù una domanda simile a quel-la che Mosè rivolse al Signore: «Ti prego, fammi vedere la tua gloria!». Filippo disse: «Signore, mostraci il Padre e ci basta» (Gv 14,8). E Gesù rispose: «Chi ha visto me, ha visto il Padre» (Gv 14,9).
Anche
nella persona di Gesù, però, Dio non ci manifesta diretta-mente la sua
gloria, ma ci permette di contemplarla soltanto "da dietro". La gloria
di Dio in Cristo è, infatti, occultata dallo scandalo della croce.
Nel
ministero di Cristo, descritto dai Vangeli, Dio fa passare davanti a
noi tutta la sua bontà e ci mani-festa la sua grazia infinita, ma copre
la sua gloria con l'ombra della croce. Soltanto chi guarda alla croce,
alla luce della fede nella resurrezione, può intravedere all'opera la
gloria di Dio. Ma prima bisogna passare attraverso la croce e ascoltare
il grido disperato del crocifisso, che raccoglie in sé tutte le grida di
questa umanità bisognosa dell'aiuto del Signore: «Dio mio, Dio, mio, perché mi hai abbandonato?» (Mt 27,46).
Come
il Signore mise Mosè in una buca mentre passava la sua gloria, così Dio
in Cristo entra con noi nella buca dell'occultamento della sua gloria
per condividere il buio delle nostre esistenze fino alla morte di croce e
per accompagnarci verso la speranza della resurrezione, quale
manifestazione ultima della sua gloria.
Ora,
in attesa della realizzazione di questa speranza certa, noi possiamo
avere piena fiducia che il Signore è con noi e, per mezzo di Gesù
Cristo, continua a calarsi tra i massi delle nostre vite, nelle nostre
valli oscure. Ed è proprio lungo le crepe dei nostri dolori che Lui ci
manifesta la sua presenza, facendosi vedere soltanto "da dietro", ossia
manifestandoci la sua gloria nelle nostre croci e la sua potenza nella
nostra debolezza.
Carissimi
lettori, in qualsiasi situazione ci ritroviamo a vivere vogliamo
rivolgere al Signore la stessa preghiera che Mosè gli rivolse: «Ti prego, fammi vedere la tua gloria!».
E il Signore risponderà alla nostra preghiera come rispose a quella di
Mosè: Egli farà passare anche su di noi tutta la sua bontà e ci farà
grazia per mezzo di Gesù Cristo.
Quando
ci sentiamo avviliti, disorientati o schiacciati dai pesi della vita,
rivolgiamoci anche noi al Signore, come Mosè, dicendogli:
«Signore, fammi vedere
la tua gloria!
Manifestami la tua presenza! Mostrami che sei all'opera
nella mia vita!».
Ed
Egli ci mostrerà il Cristo croci-fisso e risorto nel quale la gloria di
Dio si è abbassata fino a noi, por-tando nel buio delle nostre vite
l'unica vera luce di speranza.
Cristo
sia dunque per ognuno di noi la luce che viene a illuminare le nostre
ombre per manifestarci che Dio è all'opera anche nel buio delle nostre
esistenze, nelle nostre sofferenze e nei nostri dolori.
Vogliamo
allora glorificare il nostro Dio che in Cristo vuole ancora
manifestarci la sua gloria, accompa-gnando le nostre vite con il
sostegno del suo Spirito e con la guida della sua Parola.
Ruggiero Lattanzio (Baribattista n.130 Febbario 2023)