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La confessione di fede dei battisti italiani – Domenico Tomasetto  Claudiana Editrice 2002




Art. 3
SOLA SCRIPTURA


La Bibbia è la sola testimonianza autentica e normativa dell’opera  dell'opera di Dio per mezzo di Gesù Cristo. In quanto lo Spirito Santo la rende parola di Dio, essa va studiata, onorata e obbedita.

Con questo articolo si prende una posizione molto chiara nei confronti della Bibbia e come essa è considerata nelle chiese battiste. Il punto di partenza dell'articolo è ancora una volta 1'azione di Dio manifestata in Gesù Cristo, cioè il cuore stesso dell'evangelo. Di questa azione di Dio ci sono stati nel passato, e ci sono nel presente, molti testimoni. questo non viene negato. Si dice però che lo sola testi-monianza autentica e normativa (cioè che si pone come punto di riferimento originario e obbligato per tutti i credenti) è la Bibbia. Ogni altra testimonianza successiva deve essere sottoposta al suo vaglio e valutata su quella base.
All’obiezione che si pone di frequente al primato esclusivo della Scrittura su ogni altra tradizione successiva, e cioè che anche la Bibbia stessa è prodotto di tradizioni
rielaborate all’ interno di Israele prima (Antico Testamento) e della chiesa primitiva poi (Nuovo Testamento), noi rispondiamo che quando quella tradizioni sono state
riconosciute «canoniche» (cioè formanti l’Antico e Nuovo Testamento) si sono poste come misura per tutte le altre tradizioni e per ogni altra parola che veniva successiva
mente detta nella chiesa. Anche le nostre tradizioni. dunque e cioè quelle linee teologiche elaborate all’interno della Riforma, devono passare al vaglio della Scrittura e valutate su di essa.

Detto in termini tecnici: la Bibbia è la norma normans, cioè la misura per ogni parola nella chiesa. E poiché la confessione di fede dice la sola testimonianza autentica e normativa, questo significa che accanto alla Bibbia non ci può essere nessun altro elemento che rivendichi il carattere di norma, sia assoluta che relativa.
Ma il testo dell'art. 3 dice anche qualcosa di più. Se comprendiamo l'espressione opera di Dio come rivelazione, l’argomento diventa più chiaro. In questo caso la
confessione dice che la Bibbia è la sola testimonianza autentica e normativa della rivelazione di Dio per mezzo di Gesù Cristo. Cioè, la rivelazione di Dio è testimoniata in forma normativa esclusivamente nella Scrittura. Il rapporto con Dio e con Gesù Cristo è mediato esclusivamente dalla Bibbia. Il Dio che viene annunciato e il Cristo che viene predicato deve corrispondere normativamente ed esclusivamente a quello di cui parla la Bibbia. Questa è la posizione di tutte le chiese evangeliche che hanno origine diretta o indiretta dalla Riforma protestante.

Questo aspetto della <<sola Scriptura>> è talmente importante che nel corso della storia della chiesa e della teologia è stato indicato come il «principio formale della
Riforma», cioè il criterio scritturale è stato alla base della Riforma nella sua lotta contro la chiesa romana.
L’articolo 3 ci dice anche, indirettamente, che la Bibbia non è la Parola di Dio, né che la contiene. Ci dice, invece, che la Bibbia diventa Parola di Dio quando lo Spirito
Santo la rende tale
. Non è un fatto meccanico, ma un'esperienza spirituale che si rinnova ogni volta. Non dipende da noi, ma dipende dalla presenza dello Spirito
Santo. I riformatori, in particolare Clalvino, usavano l'espressione <<testimonium Sp iritus Sancti internum>> (testimonianza interiore dello Spirito Santo). Detto sempli-
cemente: la Bibbia si impone per autorità propria al lettore e gli si propone come normativa: questa è appunto l'opera dello Spirito.
Qui bisogna fare la massima attenzione, perché ripetere le formule protestanti non significa essere automaticamente nella verità. La dottrina protestante <<soltanto
mediante la Scrittura», da sola, separata dalla dottrina altrettanto protestante della «testimonianza interiore dello Spirito Santo>>, può diventare 1a formula dell'assenza dello Spirito. E dove manca lo Spirito, la Bibbia rimane semplicemente una parola umana, una parola fra le altre, non dissimile da esse e senza alcuna autorità o normatività.
Quindi le due formule vanno tenute rigorosamente collegate assieme, altrimenti si corre da una parte il rischio del soggettivismo spiritualista e dall'altra quello del letteralismo tecnico e arido.
L’articolo 3 parla della Parola di Dio testimoniata nella Bibbia. A questo riguardo, però, i teologi hanno elaborato, sempre su base biblica, una prospettiva più ampia. In teologia si parla infatti di tre forme della Parola di Dio (concezione ripresa anche nell'articolo 5):

la Parola di Dio incarnata = Gesù Cristo
la Parola di Dio scritta = la Bibbia
la Parola di Dio predicata = la predicazione

L’annuncio dell'evangelo ci raggiunge nell'intreccio di queste tre forme: in ciascuna, se lo Spirito è all'opera, noi scopriamo la realtà di Dio che vuole incontrarci e che
ci impegna al suo servizio. È chiaro che le tre forme non sono tre cose diverse, ma tre diversi modi in cui si rivela l’unica Parola di Dio.
Come leggere la Bibbia allora? Il primo grande consiglio è di avvicinarsi alla Bibbia come al luogo di un appuntamento e di un incontro. La Bibbia è il luogo dove troviamo come noi dobbiamo credere, e non solo come hanno creduto gli altri. La Bibbia rivolge fondamentalmente un messaggio, è un appello: occorre leggerla con
una carica di speranza. Dal punto di vista del metodo indichiamo:



1) Non sottovalutando affatto la lettura privata, la Bibbia va letta comunitariamente. Va letta in comunione con i credenti che ci hanno preceduto nel tempo, e con i
credenti a noi oggi più vicini. La Bibbia è il libro della chiesa, non di un singolo credente.

2) La Bibbia va letta regolarmente; il ritmo della vita non deve distogliere il credente dall'appuntamento quotidiano con la Bibbia.

3) La Bibbia va letta tutta, non solo nei frammenti che più ci piacciono. Comprendendo l’insieme del1a Bibbia, se ne possono comprendere anche i singoli testi. Talvolta ci si concentra su di un testo particolare, ma va sempre ricondotto all'insieme della testimonianza biblica per acquistare il suo vero valore.

4) Non si può fare soltanto una lettura «ingenua» della Bibbia, ma dobbiamo sforzarci di farne una lettura <<adulta>>, critica. La Bibbia non va utilizzata come conferma dei nostri pensieri, ma chiede di essere ascoltata per quello che vuol dire. Bisogna porre delle domande alla Bibbia, entrare in dialogo con essa, cercare di capi-
re. Ma per capire bisogna conoscere e per conoscere bisogna informarsi.


5) La lettura della Bibbia va accompagnata sempre dalla preghiera: non è un'aggiunta o un dettaglio, ma un aspetto essenziale. Chi prega si pone nell'atteggiamento dell'attesa, così dev'essere nella lettura della Bibbia: attendiamo che quella parola scritta diventi ancora una volta Parola di Dio, mediante l’intervento dello Spirito Santo, ed è per questo che si prega.

6) Leggere la Bibbia assieme al giornale: questo perché la Bibbia non parla mai in astratto, ma sempre nel concreto delle situazioni storiche. Più si conoscono queste, più la parola biblica acquista in efficacia.

7) Infine l'ultima osservazione: come dice l'art. 3, la Bibbia, quando diventa Parola di Dio, esige la nostra obbedienza di fede. Dove manca questa disponibilità all'obbedienza, la lettura non ha alcun senso, ma a quel punto non ha alcun senso neanche Dio stesso.



Testi biblici:

Salmo 119, 105 ; Matteo 5,17 -20;   Luca 24,27 .44-49 ; Giovanni 5,3 I - 47; 1 0,3 5;
1 Tessalonicesi 2,13;   2 Timoteo 3,16-17;   Ebrei 4,12;   2 Pietro 1,19 -2I.


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